Anderson Squat e Pin Squat sono due varianti del classico squat con bilanciere che possono aiutarti ad uscire dallo stallo e migliorare la tua forza negli angoli più difficili dell’alzata. In questo articolo ti spiegherò in che cosa consistono queste alzate, come sono nate e come inserirle nei tuoi allenamenti.
Pin Squat e l’Anderson Squat
Pin squat e Anderson Squat sono due esercizi molto simili, con leggere differenze ed entrambi consistono nell’eseguire lo squat in un power rack utilizzando le protezioni, i pin, per limitare l’alzata e lavorare negli angoli difficili.
L’Anderson Squat deve il suo nome allo storico strongman Paul Anderson, quello che viene definito ancora oggi uno degli uomini più forti del mondo. I suoi record di forza, in un’epoca in cui sicuramente il doping non era presente quanto oggi, si assestano intorno a 420kg di squat e 285kg di panca piana. Numeri certamente fuori misura!
Il suo approccio consisteva infatti nel prendere un peso che non era assolutamente in grado di gestire full rom e di posizionarlo sui pin del power rack (o di altri supporti) per poi infilarcisi direttamente sotto e sollevarlo solo per brevi porzioni di movimento. Quando riusciva a padroneggiare quel peso per un buon numero di ripetizioni abbassava i supporti e così via fino a riuscire a fare l’alzata full ROM. In altri termini: faceva uno squat dai pin sempre più bassi fino a quando non riusciva ad eseguire l’alzata per tutto il movimento.
La differenza con il Pin squat è proprio questa: dove inizia l’alzata.
Nel Pin Squat l’atleta stacca il peso dal rack (quindi non parte dal basso, ma inizia l’alzata come sempre), si setta e scende fino a poggiare il bilanciere sui pin e ripartire. Così come succede nella Pin Press. Abbiamo quindi uno squat che parte dal basso e uno che parte dall’alto. Non devi quindi rimanere in tensione come nelle normali esecuzioni, ma poggiare il bilanciere sui supporti. Da lì, rimanendo in tensione, dopo una breve pausa con il bilanciere in scarico sui supporti, dovrai tornare nella posizione iniziale.
Muscoli coinvolti
I muscoli coinvolti nell’Anderson Squat e nel pin squat sono i medesimi:
- quadricipiti;
- glutei (più profonda l’alzata, maggiore il loro coinvolgimento);
- femorali;
- polpacci;
- core.
Perché eseguire così lo squat
Partendo da un punto morto nella parte inferiore dell’alzata (o nella parte inferiore di una certa altezza), il ciclo di allungamento/accorciamento non viene sfruttato al massimo, permettendo di:
- Migliorare il tasso di sviluppo della forza da fermo (utile sia ad esercizi come gli stacchi da terra, ma anche per molti sport);
- Permette di migliorare la forza nell’angolo specifico che si sente più problematico. Nello specifico quindi potremmo avere
- altezza al parallelo (poco sopra, pari o poco sotto) – se l’obiettivo è rafforzare l’inversione del movimento, in particolare focus sui glutei
- sopra al parallelo – ideale per chi soffre più che altro di schiena debole piuttosto che di gambe deboli.
Quale scegliere
L’Anderson Squat e il Pin squat offrono agli atleti una valida soluzione per migliorare la forza (concentrica) e di migliorare specifici angoli di lavoro nello squat. Entrambi sono validi, ci sono solo alcune differenze:
- La variante di Anderson è utile per chi è più avanzato e sa settarsi correttamente sotto al bilanciere senza bisogno della fase negativa. È anche un poco più estremo, perché richiede di esercitare forza completamente da fermo.
- La versione dai pin è ottima anche per i principianti. Per quanto si spinga poi effettivamente da fermo, parte dell’energia cinetica accumulata in negativa rimane e permette comunque di essere ben posizionati ed esercitare forza al meglio.
Come inserirlo nella propria scheda
L’Anderson Squat e il Pin Squat possono essere inseriti come variante al classico squat con bilanciere all’interno della propria programmazione. Può essere inserito anche in una variante, come ad esempio front squat o zercher squat a seconda delle necessità. Si prestano bene ad essere inseriti come complementare di forza. Li utilizzerei sia in fase di accumulo che di intensificazione. Se lavori full rom utilizza un ROM di 3-5 ripetizioni circa, con carichi medi (70-85% circa), mentre se lavori a mezzo ROM o meno per focalizzarti sulla chiusura range di ripetizioni è sempre lo stesso, 3-5 ripetizioni circa, ma puoi puntare anche a carichi più elevati come il 90-110%.